mercoledì 25 novembre 2015

Quando le mani fanno

Oggi vi racconto una storia della preistoria. Dimenticate per un attimo i bambini, ma solo per un attimo. Seguitemi in quest'incanto.

Mano dipinta in negativo: è circa il 20.000 a.C, nella Grotta del Castillo in Spagna, l’Arte comincia in questo momento.
Comincia in quel momento per un essere molto umano che sente la necessità di lasciare traccia della sua esistenza, e comincia in quel momento per me, essendo quell'immagine arancione, ocra e marroncina la prima del mio libro di storia dell'Arte.
Da allora, e per sempre, quelle immagini di incisioni rupestri mi commuovono al pensiero di un uomo che, quasi solo sulla Terra, immagina e compie un segno per lasciare traccia della sua esistenza.


Trasecolata e commossa, sopraffatta in quest'emozione e divertita da teorie evoluzionistiche dei più grandi uomini scimmia del Pleistocene, per me la nascita dell’uomo coincideva con le sue prime forme d’Arte e mai, prima di un certo momento, mi ero chiesta come l'uomo fosse arrivato in quel momento preciso, a sentire quell’urgenza.

L’uomo arriva su questa terra non già pittore incisore ma nemmeno scimmia: l’uomo ha la
faccia corta, e la stazione eretta. 
Tenetevi pronti, qui arriva la meraviglia. Sapete che fa, quell'uomo? 
Si siede. 


© Cecilia Ramieri
A differenziarlo dagli altri mammiferi c'è, fra le altre cose, questa grande possibilità: assumere la posizione seduta. 
L’uomo preistorico si siede e quella è una grandissima scoperta perché accomodandosi le mani non gli servono più per muoversi. 
L'uomo libera la mano.


© Cecilia Ramieri
Sembra facile ora, ma voi immaginatevelo nella notte dei tempi, senza che nessuno gli dicesse alcunché. Lui si mette seduto e ha queste due lunghe cose, che noi oggi chiamiamo braccia, che terminano con due grandi pinze, che noi oggi chiamiamo mani. 
Con queste pinze, con le mani, inizia a farci qualcosa. 
Io me lo immagino seduto, che batte la mano nel fango. 

La mano e' uno strumento portentoso: è dotato di capacità di opposizione delle dita e grazie a questa sua trovata libertà diventa sempre più efficiente e precisa ed è in grado di compiere operazioni manuali sempre più complesse.
Diventa un organo di fabbricazione e compaiono gli utensili. 
L'uso della mano modifica la locomozione che è sempre più basata sulla mano rispetto al piede e la posizione sempre più eretta.
Le operazioni manuali si fanno sempre più complesse e, di conseguenza,  il cervello sempre più sviluppato.
Ed ecco adamantina la scoperta: la possibilità di usare la mano fa sviluppare il cervello!


Ancora una volta: è facile per noi oggi, che troviamo tutto pronto. Ma l'uomo per evolversi, per diventare intelligente, ha dovuto imparare dalle mani. Dalle mani che facevano, prendevano, toccavano, sbagliavano.
Dalle mani che venivano informate dalla materia: pensate l'uomo con le pinze che scopre che il fango è umido, bagnato, freddo. Poco importa se ancora non sa dire queste qualità, dalla mano le ha comunicate al cervello che sta crescendo grazie a tutte le informazioni che riceve. 
Pensate quando inizia ad organizzare il suo sapere e scopre che quel fango può modellarlo, con le mani ovviamente, e farci, per esempio, una scodella. 
La mobilità della mano (e della faccia) interviene nel modellare il pensiero in strumenti di azione materiale e la capacità di fissare il pensiero in simboli materiali dirige l’evoluzione verso la nascita del grafismo.
Piccole incisione equidistanti di file di cupole scalfite in un osso o su pietra sono l'inizio di quello che è la scrittura e la lettura.
Alle serie ritmiche di asticciole e di punti si allineano le prime figure, e si assiste all’organizzarsi di queste in modo sempre più costruito, fino a quando, il nostro, è in possesso di tutte le risorse offerte dalla tecnica ed inizia così ad esplorare le variabili.
Dalle prime serie ritmiche alla conquista della tecnica l’essere umano ci mette ventimila
anni: è a questo punto che arriva il mio uomo a commuovermi e farmi nascere il desiderio
di essere artista.




E se la mano in origine era una pinza, l’uomo trionfa nel momento io cui la trasforma nello
strumento esecutore delle sue idee di fabbricazione. 
Il resto è storia, e non più preistoria: si forma un sistema sociale, le tecniche si evolvono e l'uomo diventa cacciatore, agricoltore, artigiano. 

Questa storia che oggi vi ho raccontato e che potete leggere, fra l'altro, anche qui, è per me sempre ben presente quando progetto e conduco un Laboratorio Metodo Bruno Munari®. Perché quest'evoluzione non riguarda solo quei primi uomini sulla Terra, ma anche ogni persona nel suo processo di crescita e di sviluppo. Forse oggi non abbiamo più una posizione eretta da conquistare, ma la manualità resta il primo modo per sviluppare l'intelligenza. Ai bambini, come anche agli adulti, dico sempre: le mani sono i nostri primi strumenti. A voi che leggete mi piace ancora una volta ricordarvi che la storia dell'uomo ce lo ha insegnato: il pensiero e l'intelligenza nascono quando le mani fanno. 

Eccoli, ora, finalmente, i bambini! Come si fa una piega?
E' facile, per noi adulti. Lo sappiamo fare, chissà quando lo abbiamo imparato, chissà come. Ma quanti scambi di informazioni ci sono fra due mani bambine, e occhi bambini e un foglio di carta che sotto quelle mani e quegli occhi si piega?


Laboratorio Metodo Bruno Munari®: manipolazione della carta

Come si fa a tagliare? Come si usano le forbici? 


Laboratorio Metodo Bruno Munari®: manipolazione della carta
Come si sfrangia un pezzo di carta? Come si fa ad arrotolare le frange?

Laboratorio Metodo Bruno Munari®: manipolazione della carta
Quale soluzione posso trovare per far stare un pezzettino di filo sopra ad un foglio? 

Laboratorio Metodo Bruno Munari ®: Libro Illeggibile

Quanta soddisfazione nell'essere riusciti a fare un buco in un pezzettino minuscolo? E quanta bravura, quanta manualità?

Laboratorio Metodo Bruno Munari®: manipolazione della carta



giovedì 19 novembre 2015

Senza arte né parte: il lavoretto

Ve lo premetto: sarò senza pietà. 
Non me ne vogliano: i numerosi seguaci di questa pratica, solitamente ferventi sostenitori, né le maestre con cui ho lavorato, o quelle con cui non ho ancora lavorato. Non me ne vogliano i nostalgici, che ricordano i bei tempi andati della loro scuola materna.
Non me ne vogliano neppure le mamme e i papà che davanti al figlio che torna da scuola, con quello fra le mani, si commuovono.
La mia arringa oggi sarà contro il lavoretto.

Già il nome, lavoretto, ci mette sull'avviso: è "qualcosa di poco conto, occasionale; per estensione un oggetto di poco valore, fatto da mani inesperte".

Il lavoretto, che oggi qua e là viene sostituito con un più dignitoso DIY (acronimo di Do It Yourself, letteralmente "fai da te") tiene ancora banco in scuole d'infanzia, materne ed elementari (e pure in certi corsi di creatività per adulti). In alcuni momenti dell'anno è addirittura tutto un affaccendarsi: bisogna fare il lavoretto di Natale! Bisogna fare il lavoretto pasquale! Dai che dobbiamo terminare il lavoretto per la fine dell'anno!!!

Il lavoretto si può classificare a seconda del tema


©Cecilia Ramieri


Natale, Pasqua, Halloween; per la festa della mamma è un tripudio di fiori, per il papà son portachiavi e cravatte. 
Oppure si può catalogare per il materiale usato


©Cecilia Ramieri


Piatti e bicchieri di carta, rotoli di carta igienica ma anche cd, pigne, mollette per il bucato, stecchini dei gelati, fondi delle bottiglie di plastica.

Mi si dirà: che male c'è? Sono materiali di facile reperibilità, c'è il concetto di recupero, di riciclo. E poi sono bambini, basta poco per farli contenti. 

Qualche genitore può facilmente capire il piccolo inganno e notare che gran parte di questo lavoro lo ha fatto la maestra. 
Qualcun altro noterà senza ombra di dubbio un altro piccolo inganno


©Cecilia Ramieri



Per quanto simpatici, teneri, buffi e a volte ingegnosi e ben fatti, tutti i lavori, di tutta una scuola, sono tutti uguali. 

Cominciate a capire come mai ce l'ho tanto con i lavoretti?
Non voglio demonizzare: anche io da bambina ho trasformato il rotolo di carta igienica in qualcosa d'altro, un personaggio oppure uno strumento. E mi sono pure divertita!
Ma era un'attività che facevo da sola, nei miei giochi, un personale esercizio di fantasia, di "cosa mi fa venire in mente", di "cosa può diventare", non l'esecuzione di un progetto altrui. 


©Cecilia Ramieri


Durante l'esecuzione di un lavoretto, quante volte viene detto ad un bambino cosa fare?
Solitamente lo svolgersi dell'esecuzione del lavoretto è l'assemblare qualcosa, il completare l'insieme di istruzioni: un pezzo qui + un pezzo qui + un pezzo qui, ecco che salta fuori il prodotto. 
Ciò non concorre ad allenare la manualità del bambino, né ad insegnargli una tecnica. 
Ciò non sostiene la sua creatività e non amplia le sue conoscenze.
I pezzi sono preparati dall'operatore che ha ideato il laboratorio, e sono tutti uguali, tutti parti di un unico stereotipo. 
E durante il lavoretto, dov'è la parte di sperimentazione? Quando, dove, come, un bambino prova, ricerca, scopre?

Come già vi avevo raccontato qui in un Laboratorio Metodo Bruno Munari® l'attenzione è spostata dal prodotto al processo. 
All'opposto del lavoretto in un Laboratorio Metodo Metodo Bruno Munari® spesso un bambino torna a casa con qualcosa che può essere molto difficile da decifrare per chi non ha fatto il laboratorio. 
Fogli pieni di segni, Libri Illeggibili, Sculture da viaggio; ho visto personalmente genitori chiedere "tutto qui?". 
Nulla a che fare con il rassicurante, semplice, accessibile lavoretto. 

Ma quanta ricerca c'è in un bambino che scopre un pennello e sperimenta in quanti modi diversi può usarlo?




Quanta manualità c'è in un bambino che lavora ogni singola pagina del suo libro illeggibile?



Quanta sperimentazione c'è in un bambino che prova e cerca e trova il modo per far stare in piedi un pezzo di carta solo con piccole pieghe? E poi prova ancora a fare tagli e buchi per vedere fino a quando starà in piedi e quanta luce e ombra ci potrà passare in mezzo?



Ecco, direi che ciò è l'esatto contrario di un lavoretto: qualcosa di grande conto, un oggetto di estremo valore, fatto da mani molto esperte.

giovedì 12 novembre 2015

Intorno alla creatività, e ad un laboratorio creativo.


Se cerchi laboratorio sul vocabolario Dir, lo trovi alla voce lavorare: dal latino "laborare" « affaccendarsi, affaticarsi, affannarsi, anche lavorare, eseguire, operare, produrre ».
Un laboratorio, in genere, indica un ambiente medico, scientifico: un locale che fornisce condizioni controllate nelle quali possano essere eseguiti esperimenti scientifici, ricerche, misure. 

In questi anni mi sono dovuta impegnare fortemente nella spiegazione delle attività che i bambini avrebbero svolto, oppure sull'utilità del laboratorio stesso. 

Quando si legge o si parla di "laboratorio per bambini" o "laboratorio creativo"si intende, solitamente, un certo tipo di laboratorio. Come vi accennavo in questo post, la maggior parte delle volte si tratta di laboratori nel quale il bambino assembla, oppure completa, un prodotto. A volte il prodotto è bellissimo, ma ciò nonostante l'esperienza resta un mero esercizio di unione di pezzi, spesso pre-finiti, dove la vera creatività e la vera fantasia del bambino non solo non vengono per nulla sviluppate, ma vengono lasciate in disparte, a volte ignorate del tutto. 


Laboratori Metodo Bruno Munari®: il verde, le reti, manipolazione della carta

Allora, se non si tratta di questo tipo di laboratorio, sarà il mio un corso di disegno? Un avviamento al saper disegnare, all'imparare a disegnare bene?


Laboratori Metodo Bruno Munari®: l'albero, le nuvole, il sole


Qui, ora, vi svelerò un gran segreto.
Un laboratorio Metodo Bruno Munari® non serve a far diventare un bambino, un giorno, da grande, un artista. 
L'Arte è spesso usata come mezzo per promuovere la creatività, come mezzo di espressione e di comunicazione, ma ciò a cui il Laboratorio Metodo Bruno Munari® tende è altro. Non a caso non sono laboratori artistici, ma laboratori creativi, per l'esattezza laboratori di pensiero progettuale creativo. 

Cos'è allora la creatività?

Creare: « Far nascere, far esistere, far derivare dal nulla (...) Esercitare le proprie facoltà per arricchire il mondo di nuovi oggetti o nuove condizioni (...)»( dal vocabolario Dir).

Creatività è un termine contenitore, usato in un modo e spesso interpretato in un modo diverso. 
Potremmo analizzare le teorie sulla creatività, partendo dall' Insight della Psicologia della Gestalt, scomodando il dottor Freud con la sua visione pessimistica del pensiero artistico, arrivando a J.P.Guilford che per primo, in un documento scientifico, usò il termine "creativity". Potremmo analizzare altri percorsi della creatività e scomodare ora, per esempio, Ralph Waldo Emerson.
Quello che scopriremmo, nel viaggio all'interno di questo termine, è che la creatività è qualcosa che comincia, che nasce, che inizia. E' una dimensione di profonda comunione tra le nostre parti mentali e il mondo intorno a noi, sia esso la natura, gli altri, l'amore. 
La creatività è bellezza: il bello delle cose che arricchiscono la nostra anima.
La creatività è appagamento: qualcosa così profondamente sentito da dare ordine e armonia, e dunque quel senso interiore di profonda soddisfazione e pienezza.
La creatività è un modo di pensare, di interpretare la vita, ed è un processo di individualizzazione, di diventare cioè un individuo

La creatività serve per trovare una soluzione ad un problema, e per vivere la vita secondo le proprie regole: non è dunque solo dipingere ma, per esempio serve per creare delle macchine o andare sulla Luna, o sul fondo del mare. 
La creatività è appassionarsi: guardare il mondo con occhi attenti, sensibili, scientifici, curiosi. 
La creatività è ascolto di sé, comunicazione con emozioni e bisogni interiori e atavici e archetipici. 

Ecco dunque a cosa serve la creatività! Ecco a cosa serve un laboratorio Metodo Bruno Munari®! Non a diventare un pittore, o un artista, ma a diventare un individuo attento, curioso, appassionato.
Se provate a rileggere con attenzione cosa è la creatività, sulle sue applicazioni nel nostro profondo o nella nostra quotidianità, non è tutto -o quasi- ciò che si possa desiderare e augurare per una vita?

Come esattamente viene sviluppata e sostenuta la creatività in un Laboratorio Metodo Bruno Munari ®? Perchè viene spesso usata l'Arte? Quali sono le emozioni e i bisogni interiori e archetipici del bambino e dell'uomo? Raccontarvelo è l'obiettivo di questo blog, lo vedremo poco alla volta, seguitemi. 

giovedì 5 novembre 2015

Cosa c'è prima del disegno?



Cosa c'è prima del disegno?
Bruno Munari ci risponde con il suo solito modo geniale, questo:


Ma cos'è il segno? 
Come si fanno i segni?

Prendiamo una collezione di strumenti grafici tutti neri. Questa collezione sarà frutto di una ricerca fatta nel tempo, e potrà ingrandirsi ogni volta che troveremo un nuovo strumento. Proviamo a fare lo stesso segno con strumenti diversi. 


Osserviamo come cambia: sottile, spesso, leggero, pesante, delicato, forte, sfumato, pastoso, fine, denso, compatto. Notiamo quante differenze ci sono, quanti segni diversi riusciamo ad osservare e quante parole nuove impariamo, arricchendo il nostro vocabolario. 

E se ora tengo lo stesso strumento ma provo a fare segni diversi?


Dritto, puntinato, seghettato, saltellato, ondulato, deciso, tenue, evanescente, arricciato, mosso, frammentato, agitato, veloce...e quanti altri ancora?

Come ho già spiegato qui, è importante che la sperimentazione non sia finalizzata: non stiamo disegnando, né scrivendo, né facendo forme, né colorando. 
Stiamo sperimentando degli strumenti che non conosciamo, oppure strumenti che usiamo spesso ma che qui proviamo in modo diverso. 
Anche il diverso uso della nostra mano è oggetto della sperimentazione. Quante azioni riusciamo a compiere: forte, piano, veloce e poi appoggiare, ruotare, strisciare, saltellare...

I bambini per i loro disegni usano principalmente pennarelli o pastelli. 
E' vero che vi ho parlato poco sopra di una numerosa collezione di strumenti, ma ora che siamo arrivati fino a qui scopriamo che anche un solo pennarello può mettere in moto la creatività. Volete provare? Diamo un pennarello nero ad un bambino, e molti fogli di carta bianca. Chiediamogli: in quanti modi puoi usare questo pennarello? In quanti modi puoi tenere il pennarello e tracciare dei segni? Quanti segni puoi scoprire o inventare?



Che importanza ha il segno per il disegno? E perché strumenti solo neri?
Seguitemi, poco alla volta lo scopriremo.